Ascanio Covatti, virtuoso scalpellino cortonese nella Siena di primo Seicento. L'esaltazione del marmo fra identitą sfuggenti, sperimentazioni tecniche e interferenze di ruoli

Ilaria Bichi Ruspoli
Dalla recente pubblicazione sulla chiesa senese di San Martino č emersa fra altre la figura di Ascanio Covatti da Cortona, definito semplice scalpellino da documenti e fonti e per questo non considerato dalla critica del passato. Documentabile dal 1587 al 1632, grazie a un corpus di partiti decorativi applicati all'architettura, Covatti si distingue per il tratto elegante con cui realizza originali e levigatissimi volti efebici in marmo applicati alle architetture, in particolare di altari, e lastre funebri terragne. Egli entra in contatto con i Chigi grazie ai quali lavora presso l'ospedale di Santa Maria della Scala, presieduto da Agostino, e presso la chiesa di San Raimondo al Refugio, fondata ex novo e patrocinata dal fratello Aurelio. Fabio Chigi nomina Ascanio da Cortona ben cinque volte nel suo prezioso elenco di opere d'arte senesi, permettendo di salvarlo dall'oblio. Il Covatti inizia la sua carriera con un gruppo scultoreo a Passignano sul Trasimeno, per poi operare nelle chiese di Cortona nell'orbita dei Radi e dei Berrettini, fino al trasferimento a Siena, senza interrompere i rapporti con la cittą d'origine. Egli si muove in un ambiente ricco di contaminazioni fra pittori e scultori e l'amicizia con Francesco Vanni potrebbe aver facilitato la sua carriera senese, seppure dopo la sua morte di lui si perdono rapidamente le tracce, mentre comincia l'affermazione dei Mazzuoli, anch'essi di origine cortonese.

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